Le pietre sussurano alla capella Sainte-Anne di La Riche

Le pietre risuonano. Portano in sé gli echi del passato e le promesse del futuro, strati di tempo sovrapposti come una partitura silenziosa che solo il gesto artistico può svelare. È questo dialogo tra materia, memoria e temporalità che Alain Quesnel e Marine Aïello propongono in Il suono delle pietre, un’esposizione in cui si intrecciano archeologia immaginaria e poesia delle forme.

Originaria di Ajaccio, Marine Aïello inserisce la sua ricerca artistica in un’esplorazione delle vestigia, non per dissotterrarle, ma per crearle. « Piuttosto che scavare la terra alla ricerca di tracce del passato, potevo fabbricare quelle del futuro » afferma. Il suo lavoro, influenzato dalle cotture primitive e dalle forme antiche, costruisce un arcipelago di frammenti al confine tra realtà e mito. Dopo il suo progetto Archeologia del Futuro, continua qui la sua indagine su una memoria in costruzione, tra installazioni scultoree e performance.

Di fronte a lei, Alain Quesnel sviluppa un linguaggio singolare, fatto di tratti neri, pigmenti diluiti e materiali grezzi: piombo, cera, carbone… « Come un tipografo che compone un testo attingendo da scatole piene di forme », egli dispone, assembla, decostruisce. Ogni installazione, ogni disegno diventa un frammento di una biblioteca infinita, il cui ordine e significato sfuggono a qualsiasi lettura lineare. Il suo lavoro, esposto dagli anni ’80, oscilla tra purezza e densità, tra silenzio e il sussurro delle materie.

Insieme, le loro opere dialogano attorno a un medesimo tema: la traccia, che sia scolpita, disegnata o reinventata. In questo confronto tra pietra e carta, tra impronta e cancellazione, Il suono delle pietre invita a un viaggio in cui il tempo non è mai fisso, ma in perpetua risonanza.

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